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Sabato 9 maggio. Mari d’erba
Arriviamo all’aeroporto di Varsavia nel primo pomeriggio.
Percorriamo poco meno di 200 km in auto attraverso la bella campagna della Polonia orientale attraverso boschi e vaste zone aperte. Una campagna tradizionale davvero suggestiva. Non c’è tempo di fermarsi ad osservare tanta bellezza, entro sera dobbiamo essere all’albergo. Unica significativa sosta presso una vasta distesa di colza, un susseguirsi di campi assurdamente gialli dove un ortolano ci ha deliziato del suo canto lamentoso e si è fatto lungamente osservare. Arriviamo alla foresta di Bialowieza nel tardo pomeriggio. Si attraversa la foresta per una ventina di chilometri prima di giungere all’omonimo paesino caratterizzato da un’urbanistica semplice. Case singole di solito con il solo pianterreno o un primo piano. Un paese molto piccolo un po’ fuori dal tempo e dalla confusione dei nostri giorni. L’albergo è una bella costruzione in legno. Mentre scarichiamo i bagagli canta il forapaglie macchiettato proprio a fianco dell’albergo.
Si cena al centro visite.
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Domenica 10 maggio. Finiti i picchi del paleartico
Non c’è tempo di riassorbire la levataccia di ieri. Appuntamento alle 5.00 con la guida, Mateus Szymura, che ci conduce nella riserva integrale, una parte della foresta di Bialowieza dove si può accedere solo accompagnati da guide autorizzate. La mattina è immersa in piccoli banchi di nebbiolina azzurra e l’aria è davvero fresca. Canta il re di quaglie e decine di stiaccini popolano una vasta area aperta. Vedremo qui anche l’averla maggiore e il prispolone. L’ingresso alla foresta è sontuoso con un enorme cancello di legno intagliato.
Si entra un po’ come in una grande cattedrale gotica, curiosi e intimoriti poi sempre più ammirati, con il naso all’insù ad ammirare le grandi volte della foresta. Alberi colonnari alti decine di metri e una luce verde soffusa sono il teatro di una visita di poche ore. Percorreremo alcuni chilometri e osserveremo il picchio rosso mezzano, il picchio nero e il picchio dorsobianco. Quest’ultimo, vera star della zona, è appoggiato su un tronco caduto a terra in piena attività di scavo nel legno marcescente. Con veloci movimenti usa il becco come scalpello per 1-2 secondi, poi spinge fuori i trucioli del legno scuotendo freneticamente la testa. Davvero uno spettacolo. Molto comuni il lui verde e la balia dal collare. Del picchio rosso mezzano mi colpiscono il petto visibilmente striato, il becco decisamente piccolo per un picchio e l’abitudine di salire a scatti con un evidente movimento di tutto il corpo ogni volta che il picchio “riparte” per una breve arrampicata. Una specie di “stacco” come fa il centometrista alla partenza.
Ancora inebriati da tanta bellezza e parzialmente obnubilati da sonno e stanchezza ci incamminiamo lungo il famoso sentiero Zebra Zubra che parte poco lontano dal paese. Inizialmente la foresta è relativamente ordinaria, soprattutto se si paragona con quanto avevamo visto poco prima. Presto comunque iniziamo a trovare grandi alberi e bellissimi scorsi forestali. Anche qui quasi “infestanti” il lui verde e la balia dal collare. Si arriva all’area faunistica, una specie di zoo, dove sono alloggiati animali della fauna locale recuperati e mostrati al pubblico. Oggi è domenica e c’è un grande afflusso con centinaia di visitatori. E’ forse l’unica occasione di tutto il viaggio di incontrare un po’ di gente locale e non i soli birdwatchers inglesi.
Ci sono la lince, il lupo, il cavallino tarpan e naturalmente la star locale: il bisonte. Visti così questi maestosi animali suscitano un misto fra pena e tenerezza. Comunque sono utili testimonials della loro specie verso quel grosso pubblico che non potrà mai vederli in natura. Bellissimo avvistamento di un picchio rosso mezzano che si lascia osservare e fotografare da breve distanza in ottime condizioni di luce.
All’uscita dal piccolo zoo io e Albino ci concediamo un riposo, i più giovani e atletici Mattia e Bruno vanno a prendere l’auto concludendo il lungo semicerchio del sentiero Zebra Zubra. La loro fatica verrà premiata dall’osservazione del pigliamosche pettirosso e, unica osservazione del viaggio, del picchio tridattilo.
Sull’imbrunire si va a Kosi Most per provare a richiamare il francolino di monte. Nonostante il sito ideale, l’ora quasi crepuscolare e il considerevole impegno la bestia non si fa viva. Si fanno vive invece migliaia di zanzare che banchettano con il nostro sangue.
Si cena presso un ristorante molto elegante nelle campagne a est dell’albergo.
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Lunedì 11 maggio. Incontro col bisonte e croccolone per cena
Stamani grande dormita. L’appuntamento con un’altra guida, Tomasz Kulakowski, è alle 6.00. L’obiettivo del giorno è quello di vedere il bisonte, quello buono, in natura. Nonostante la mole di questo animale e l’idea che ci si può fare vedendo i documentari della specie nordamericana, il bisonte europeo è una specie molto elusiva. Vive nel fitto della foresta ed è molto difficile da osservare. In marcia dunque! Faremo davvero molti chilometri ma ne vale la pena. L’ambiente è bellissimo e anche molto vario. Notevole una parte della foresta con parti impaludate, la presenza del piro piro culbianco, del castoro, di cui vediamo le dighe. Poco dopo ecco l’incontro con il bisonte. La guida e Mattia si immobilizzano e guardano eccitati verso la stessa direzione. Eccolo lo vedo anch’io. Un attimo lungo una vita. Una massa scura, seminascosta da grandi alberi; è distante da noi una cinquantina di metri. Ci fronteggia senza mostrare particolare eccitazione. Io quasi non respiro. Poi si gira alla sua sinistra e quasi evapora. E’ difficile da descrivere. Da un animale così grande ti aspetteresti parecchio rumore di rami troncati e di pesanti passi al trotto o al galoppo. Niente di tutto questo. Nella magica atmosfera ovattata della grande foresta la bestia si è mostrata, possente, nera e forte, senza una forma precisa. Si percepivano pelo e corna ma le figura intera restava nascosta e forse va cercata nei disegni di ignoti artisti del paleolitico nelle grotte più inaccessibili. Davvero un incontro con la preistoria. Poi la forma scura si sposta senza peso e senza tempo e si dissolve fra gli alberi. Apparirà di nuovo, brevemente, pochi secondi dopo in un punto aperto alla nostra destra. Cammina lento e sicuro. La guida ci riporta nel presente e ci informa che si trattava di un maschio non ancora adulto.
Mangeremo un boccone al bar sul grazioso laghetto presso il centro visite.
Poi, sempre con la guida, facciamo ad anello nel settore est del paese, a un passo dalla frontiera biellorussa, alla ricerca del francolino di monte. Questa volta riusciamo a contattarlo, il francolino risponde al play-back ma non si mostra. Addirittura più avanti la guida e Mattia lo intravedono mentre cammina a terra nel bosco. A fine giro ci godiamo una splendida bigia padovana e riusciamo a vedere bene l’usignolo maggiore che canta un po’ dappertutto ma, come il suo congenere resta sempre nascosto nel folto. In una zona aperta canta il re di quaglie; sollecitato col play-back si avvicina fra l’erba e si fa anche vedere anche se non bene. Solo la testa due o tre volte emerge dalla vegetazione. Quando si ripara in un canneto canta vicinissimo a me. Sembra impossibile non vederlo …. Eppure! Il canto di questa specie è particolare e non è facile capire esattamente il punto da cui proviene.
Vedremo bene invece il ciuffolotto scarlatto il cui canto si sovrappone al crex del re di quaglie ma è emesso da un ramo dove il fringillide è ben visibile.
Siamo in piedi da più di dodici ore e si accusano i primi segni di cedimento ma la giornata è ben lungi dalla sua conclusione. Un’ora in auto ci porta a nord ovest dell’area forestale di Bialowieza in una zona palustre dove si riproduce il croccolone. E’ una specie particolarissima, tra i nidificanti più localizzati di tutta Europa. E’ già sera. La nostra guida si incammina sicura tra campi sabbiosi circondati da gruppi di pini ormai nerissimi. Mi fanno male le gambe, ho sonno e mi bruciano gli occhi e ho una fame che mangerei un tacchino ma il croccolone è in cima ai miei pensieri mentre seguo, anzi, inseguo, ultimo della fila i miei compagni d’avventura. Dopo dieci minuti siamo ai limiti di una vasta area erbosa inframmezzata da qualche rado albero un po’ stento. Ecco: quello è il lek dei croccoloni! Saremo in molti quella sera per lo spettacolo. Arrivano altre comitive di birdwatchers, gruppi grandi e piccoli, ognuno con la sua guida. Tutti in fila con cannocchiali e binocoli. Persino un coglione inglese con un microfono direzionale tutto peloso che registra i canti di tutto quello si muove. Vedremo bene il forapaglie macchiettato nel folto di un cespuglio che canta ma soprattutto vedremo i duelli fra i croccoloni fra le alte erbe del lek nella luce pallida e lattiginosa del crepuscolo. Un bello spettacolo arricchito dai canti di questa specie così sommessi e particolari. L’intera platea è soddisfatta, quasi ci scappa l’applauso. Ognuno di noi si era estraniato fissando i croccoloni nel proprio cannocchiale. Torniamo alla realtà guardandoci intorno: non siamo abituati ad osservare gli uccelli insieme a decine di altri birdwatchers e la cosa, almeno a noi italiani, ci da un po’ fastidio.
Torniamo a Bialowieza a notte fonda e ceniamo nel ristorante di un albergo, unico della zona a servire cena a quest’ora.
Non ricordo se quella notte ho sognato il bisonte o il croccolone. Avevo troppo sonno!
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Martedì 12 Maggio. Una cutrettola con la testa gialla!
L’obiettivo di oggi è la cutrettola testagialla orientale. Questa splendida specie ha una distribuzione piuttosto puntiforme in Polonia. Il nostro punto più vicino è il lago di Siemianowka subito a nord della foresta di Bialowieza. Nuovo spostamento in auto ma con la novità della pioggia che non sembra intenzionata a smettere. Arrivati in loco localizziamo il sito e allunghiamo il giro in auto per vedere se spiove, poi ci decidiamo a scendere in tenuta impermeabile. In realtà abbiamo parcheggiato due o trecento metri oltre la stazione di pompaggio dove tradizionalmente viene avvistata questa specie. Nel percorrere un argine di avvicinamento ci rendiamo conto di essere nel posto giusto. Un paio di gruppi di birdwatchers arrivano dall’altra parte: sono spagnoli e, forse, olandesi. Siamo molto seccati dell’incontro con altri umani. A parziale consolazione, sulla nostra destra, oltre la linea degli alberi, si apre una stupenda vista sulle acque azzurre del lago battute dal vento e dalla pioggia e letteralmente stracolme di uccelli. Centinaia, forse migliaia di mignattini alibianche esplorano la superficie dell’acqua con il loro volo pacato. A ben guardare si notano fra loro, in numero assai ridotto, mignattini comuni e mignattini piombati e poi germani reali, aironi bianchi maggiori, oche selvatiche, falchi di palude e cigni reali a decine. Alla nostra sinistra invece una fossetta delimita un praticello insignificante dove sono stati collocati degli scarti di covoni di paglia. Questo è il prato della cutrettola testagialla orientale. Così dice Mattia. Effettivamente dopo aver scansionato stiaccini e ballerine bianche per una decina di minuti ecco arrivare la nostra cutrettola. Si tratta di un individuo dai colori non particolarmente brillanti, una femmina. Si mostra solo in maniera discontinua perché è costantemente infastidita dagli stiaccini che vogliono cacciarla ma la soddisfazione è grande. Ancora una volta siamo andati a segno. Una bellissima osservazione. Sembra addirittura che il meteo ci dia un poco di tregua e allora decidiamo di spostarci con un breve viaggio in auto nella parte nord del lago dove c’è un notevole belvedere in corrispondenza della massicciata ferroviaria. Effettivamente il panorama è di quelli forti, un paesaggio primordiale; a vista d’occhio paludi, acque libere, isolotti boscosi, cielo azzurro e nubi bianchissime e spumose e migliaia, anzi decine, centinaia di migliaia di uccelli, in particolare mignattini, davvero abbondanti, anatre e oche, cigni, rondini e rondoni, acrocefali in canto, voli di falchi di palude ed altri ancora.
Uno spettacolo di grandissima suggestione. Guardiamo avidi tutto quel ben di Dio quasi a voler accumulare nei nostri occhi tanta bellezza in previsione di futuri periodi di vacche magre. Ma la nostra visita qui sarà di breve durata. In un attimo l’aria si fa fredda, quasi gelida, alle nostre spalle arrivano veloci, sospinte dal vento, delle nubi nere e minacciose e i tuoni prima indistinti si fanno forti e cupi. Cominciamo ad incamminarci verso l’auto ma una copiosa grandinata ci coglierà implacabile qualche centinaio di metri prima.
Anche questa è natura.
Si sa che acquazzoni e grandinate improvvisi sono forti ma durano poco. Quando passiamo nuovamente davanti al sito della cutrettola non piove più. E’ il caso di riprovare. Quando ci capiterà più una cutrettola testagialla orientale da osservare? Forti della precedente esperienza parcheggiamo direttamente alla stazione di pompaggio. Questa volta i birdwatchers sono inglesi, anzi sono quelli del croccolone con il solito coglione con il microfono peloso. Eh sì! La vita è dura e ogni bella cosa va guadagnata!
Questa volta la nostra bestiola si mostra a lungo e si fa anche fotografare in maniera accettabile compatibilmente con le caratteristiche della mia attrezzatura, la luce assai scarsa e il coglione che fa di tutto per spaventare ogni specie di uccello.
La cutrettola testagialla orientale non ha più niente da darci. Si torna a Bialowieza. Accuso i primi veri segni di stanchezza. Questi giorni all’insegna della full immersion nel total wilderness sono davvero lunghissimi. Interminabili. Sfuggono alle abitudini e agli tradizionali schemi temporali. Passiamo tutto il giorno, e talvolta anche parte della notte sia prima dell’alba che dopo il tramonto, in mezzo alla natura. Spesso una natura autentica e selvaggia. Non abbiamo orari e abitudini che ingabbiano la giornata e ne delimitano gli spazi come steccati. Non c’è da andare al lavoro, da pranzare o da cenare ad un’ora prestabilita, non c’è la TV o gli orari dei negozi, non c’è niente. Io, per inciso, come da abitudine, non porto neanche l’orologio. Solo la natura e i suoi ritmi blandi della levata del sole al tramonto fanno da morbida sponda alle nostre nuove abitudini. Sembra incredibile ma in questo modo il tempo, non più spezzettato in piccole frazioni dagli orari di lavoro e della vita sociale, si dilata a dismisura fino a diventare lunghissimo. Ogni giorno sembra non finire mai e di volta in volta diventare più lungo. C’è tempo per tutto, per cercare il re di quaglie, per fare un’ultima foto o, semplicemente, per ascoltare il canto dell’usignolo maggiore nel cespuglio accanto. E’ una sensazione che ho provato spesso nei miei viaggi di birdwatching e che è davvero difficile da descrivere.
Eccoci di ritorno dalla cutrettola testagialla. Siamo di nuovo a Bialowieza . Si decide per rifare il giro di ieri nella parte est di Bialowieza, nuovamente alla ricerca del francolino di monte che, ad ulteriore conferma della proverbiale riservatezza della specie non si mostra e, contrariamente ad ieri, non risponde al play back, neanche nei due siti dove era presente solo 24 ore prima. A parziale consolazione a fine giro fanno bella mostra di sé due picchi cenerini davvero bellissimi visti bene e a lungo. Per cena il ristorante scicchettone di domenica scorsa ci chiude la porta in faccia e si ripiega su un locale semi-malfamato e sotterraneo in (si fa per dire) centro città. Mattia addenta il bisonte sotto forma di bistecche.
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Mercoledì 13 maggio. Dal bisonte al pagliarolo
Ultimo giorno a Bialowieza ma la mattina è ancora nostra. Mattia si alza a notte fonda e torna in albergo eccitatissimo per via di un doppio incontro col bisonte, un gruppo di una decina visti dalla strada in una radura non troppo lontana dal nostro precedente incontro e un piccolo gruppo di tre esemplari nel bosco, anch’essi visibili direttamente dalla macchina dalla strada che corre vicina. Il primo gruppo al nostro arrivo si è già dileguato ma il secondo è poco lontano. Sono in mezzo agli alberi ad alcune decine di metri da noi e pascolano piuttosto tranquilli anche se si percepisce da parte loro l’aumento della soglia di attenzione. Purtroppo il mondo è pieno di coglioni. Un paio di…. coglioni, appunto, che fanno footing lungo la nostra strada intuisce dai nostri comportamenti la presenza dei bisonti e si fermano a guardare, commentare a voce alta e a fare foto col telefonino. Poi se ne vanno ma anche i bisonti, seccati, si erano defilati nel folto della foresta. Peccato. Comunque un’altra splendida osservazione meno fascinosa della prima ma molto più lunga. E’ ancora mattina presto, si torna all’ingresso dell’area faunistica a metà del sentiero Zebra Zubra e ne percorriamo la seconda parte per un lungo tratto. La foresta qui è davvero molto bella. Sembra quella delle favole e quasi ci si aspetterebbe di veder spuntare Cappuccetto Rosso dal sentiero davanti a noi mentre il Lupo la spia dal folto del bosco. Naturalmente in questo caso noi quattro ambientalisti sovversivi saremmo decisamente partigiani…..dalla parte del Lupo. La ricerca di stamani è mirata al picchio tridattilo e al pigliamosche pettirosso osservati il primo giorno da Bruno e Mattia. L’ambiente è quanto di meglio si possa sperare con alberi imponenti. Il picchio tridattilo non si mostra. Il pigliamosche pettirosso invece, proprio agli ultimi metri del percorso di ritorno, quando eravamo vicini al parcheggio, viene udito da Bruno e poi si mostra abbastanza bene nei rami alti. E’ una specie delicata ed esclusiva. Albino perde il conto dei Lifers.
Si fanno i bagagli e si parte per la palude della Biebrza. Partire è sempre triste. A maggior ragione lo è quando si lascia un ambiente così bello e accogliente come la foresta di Bialowieza dove ormai, dopo pochi giorni di permanenza, ci sentivamo un po’ come a casa nostra. Ma il nuovo ambiente non sarà inferiore al primo, anzi …..
Il trasferimento dura un paio d’ore e ci consente, purtroppo, di rientrare un po’ nel mondo di tutti i giorni fatto di traffico, semafori, gente, asfalto, cemento ecc. che forse avevamo un po’ dimenticato. L’agriturismo scelto da Mattia è accogliente e caratteristico. All’arrivo una simpatica e sorridente ragazza che non spiccica una sola parola di inglese fissa la cena alla 20.00. C’è tutto il tempo per andare in cerca del pagliarolo.
Tutto si svolge in tempi talmente veloci che ancora adesso non sono in grado di ricostruirli. Le valige, inutile zavorra, sono già in camera, e l’albergo è lontano parecchi chilometri, c’è Bruno che guida adesso e Mattia fa da guida come se fosse sulla strada di casa: “Questo è il percorso breve! Ancora avanti!” La zona migliore per la specie simbolo della Biebrza e forse di tutta la Polonia è un mare d’erba tagliato da un paio di percorsi ad uso dei birdwachters. Il primo sentiero è facile e breve ma spesso molto affollato. Il secondo è lungo un paio di chilometri: il pagliarolo bisogna guadagnarselo! La macchina corre veloce; la strada è una lama di asfalto dritta e stretta che taglia il paesaggio, per lo più scuri boschi di conifere alternati a prati verdissimi. Ecco. Ci siamo. Uno dei cartelli del parco è posto all’inizio del sentiero. Non ci sono altre macchine parcheggiate. Mattia come al solito apre la fila col suo passo marziale e non è così facile stargli dietro. Il terreno è sabbioso e pesante; attraversiamo un bosco rado e basso che ogni tanto si apre in qualche radura. Non c’è proprio nessuno e ci fanno compagnia i canti dei luì grossi, dei beccafichi e delle cinciallegre. Le sempre più frequenti aperture tra gli alberi permettono di percepire una vasta zona aperta alla nostra sinistra. Ho una gran voglia di fermarmi ad assaporare questa natura così prorompente, cercare di vedere oltre gli alberi, spiare i piccoli uccelli invisibili nel fitto del bosco, chinarmi per respirare a pieni polmoni il profumo dei mughetti che tappezzano il terreno ma non c’è tempo: il pagliarolo ci sta aspettando. Come in una sceneggiatura già scritta la tensione sta crescendo e palpita nell’aria insieme ai milioni di zanzare che ci torturano. Ed eccoci finalmente fuori dal sentiero e dal bosco. Una piccola altana di legno è la platea di uno spettacolo naturale grandioso. Questo è autentico wilderness. Un mare d’erba. Un autentico mare verde agitato da vere onde d’erba mosse da un vento troppo forte. Siamo preoccupati perché un vento così forte potrebbe inibire il canto del nostro uccellino. Il pagliarolo è una specie difficile. E’ rarissimo, una delle specie più rare d’Europa, localizzato in questi prati umidi enormi e omogenei dove è difficile da osservare. Solo quando canta si arrampica sulle punte della vegetazione in un ambiente, peraltro, frequentato da specie simili come aspetto e abitudini e sembra anche che canti abbastanza poco. E’ il grande fascino degli acrocefali! L’ambiente è davvero di grande fascino. Il mare d’erba è sconfinato e sembra non finire mai. Non ci sono tracce della presenza umana, non ci sono tralicci, strade, case, pali o recinti. Non ci sono voci di persone o rumori di auto o motori in genere. Non ci sono punti del paesaggio che fanno pensare a un confine, a una qualche forma di intervento o di trasformazione umana. La sera è ormai vicina e la luce radente del sole ormai molto basso allunga le ombre e scalfisce i dettagli del paesaggio. Mi godo questo raro momento di quiete e di bellezza. Vorrei poterlo assaporare con tutti i sensi e sorseggiarlo come un buon bicchiere di birra fresca. L’aria è davvero limpida e si presta bene a spingere i cannocchiali ai massimi ingrandimenti. Ci sono molti uccellini che svettano dall’erba ma mi sembra di vedere soltanto stiaccini e forapaglie. Si intuiscono i primi, lontanissimi pagliaroli per me ancora troppo piccoli. Ci spostiamo poco più avanti dove il sentiero lambisce direttamente il prato allagato e i pagliaroli prendono forma. Ce ne sarà uno che si farà osservare da vicino per alcuni minuti e anche fotografare, E’ una specie magnifica, lungamente sognata. Ora è qui davanti a noi sulla punta di una cannuccia che canta ostinato nonostante un vento dispettoso che fa ondeggiare continuamente il suo posatoio e che gli spettina le piume della testa nascondendo a tratti la stupenda stria chiara che le attraversa.
Il momento non potrebbe essere più bello. E’ quasi come il finale di un film quando l’eroe della storia,dopo aver ammazzato tutti i cattivi, riabbraccia la sua bella, ma forse una scenografia così non l’avrebbe allestita neanche Luchino Visconti.
Commentiamo felici l’evento e la tensione lentamente si allenta. Un alce bruca pacifica ad alcune centinaia di metri da noi, ai margini della foresta.
Ci scopriamo stanchi e affamati e dissanguati dalle zanzare ma ne valeva la pena. Sulla sera si apre un altro film, dopo la felice conclusione di quello precedente. Il nostro agriturismo è quanto di più caratteristico si possa immaginare. Persone molto genuine e davvero simpatiche e un cibo semplice e abbondante.
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Giovedì 14 maggio. Biebrza!!
Menomale che ci sono le foto per aiutare i ricordi a fissare la realtà altrimenti questa giornata sarebbe sfumata nella fantasia, sarebbe stata rielaborata cento volte nel sapore agrodolce della precarietà del ricordo.
Tuttavia sono proprio i ricordi più forti che voglio tratteggiare come pennellate di colore su un quadro impressionista prima di tentare un resoconto più preciso possibile di questa giornata.
Giornata di Biebrza, giornata di continuo girovagare nelle campagne e nelle paludi della Polonia di genuina tradizione contadina. E’ un continuo attraversare di piccolissimi paesi con piccole case in legno o a mattoni rossi ognuna col proprio giardino circondato dallo steccato che le separa dalle altre case o dalla pubblica via. Per le strade galline e trattori ma anche pecore e mucche. Nei campi addirittura qualche contadino semina a mano spargendo i semi col gesto antico del braccio proteso a formare un semicerchio. Prati verdi sterminati, piccoli paesi, chiese e campanili, siepi di altissimi pioppi. Qua e là i rettangoli gialli accecanti dei campi di colza. Ovunque voli e canti di uccelli allodole, zigoli gialli, usignoli maggiori, rondini, tordi bottacci, stiaccini, beccafichi, corvidi e fringillidi. Naturalmente in ogni campo le cicogne bianche si sprecano ma vedremo anche diverse gru e cicogne nere Il cielo azzurro intenso sempre ricco di nubi bianchissime.
Questo era il quadro d’unione delle nostre tappe presso i punti di osservazione di maggiore interesse ambientale. Il parco della Biebrza infatti è molto esteso ma è anche ottimamente organizzato e il pubblico ha libero accesso ai punti di maggior interesse dove, in genere, vi sono parcheggi, altane, torrette, punti di osservazione. Cominciamo di buona mattino a Bialy Grad, un ambiente spettacolare, il fiume Biebrza, che dà il nome alla palude e a tutto il parco, dà vita a una larga fascia verdissima di prati umidi, stagni, boschetti ripariali e canneti. Gli uccelli sono ovunque con grandi numeri di anatre, limicoli e mignattini delle tre specie ma, anche qui, il mignattino alibianche è di gran lunga il più numeroso. Dalla bella torretta in legno si possono ammirare il panorama di diversi chilometri quadrati di natura incontaminata e una lontanissima aquila di mare scovata da Mattia, il tutto in religioso e ammirato silenzio. Vedremo poi Brzostowo, un affaccio alla modica spesa di due zloty sul cuore stesso della palude pieno zeppo di ogni specie di animale. Qui nidificano i combattenti e i maschi inalberano gli spettacolari colori delle livree nunziali. Davvero uno spettacolo notevole. E poi chiurli, pittime reali, sterne comuni e fraticelli e gli immancabili mignattini piombati addirittura abbondanti. Testimoni del passo ancora in corso varie altre specie come gambecchio, gambecchio nano, piovanello pancianera. Ecco ancora Burzyn placida ansa del fiume e paesaggio bucolico a ridosso di un minuscolo paesello con tanto di campanile e mucche che pascolano in un prato verdissimo.. Ci spostiamo poi in un’area più spiccatamente agricola alla ricerca del re di quaglie. Qui non c’è più il fiume né i canneti o gli stagni ma campi di cereali e prati da sfalcio lavorati dall’uomo ma il paesaggio non è meno bello. Sembra di essere dentro un film degli anni cinquanta quando anche molta parte dell’Italia, allora contadina, conservava un paesaggio rurale integro e armonioso. Qui le stradine di campagna ancora polverose collegano piccoli paesi di casette basse dai tetti rossi e i contadini seminano ancora a mano, nuvole bianche e paffute popolano cieli azzurrissimi che incontrano il verde dei cambi nei morbidi orizzonti della sconfinata pianura interrotta qua è la da basse colline. Non troveremo il re di quaglie ma “solo” le immancabili cicogne
, qualche zigolo giallo e altri passeriformi tipici delle zone aperte, tuttavia la bellezza del paesaggio resta ampiamente gratificante. Siamo nel pomeriggio avanzato ma la giornata è ancora lunga. Con Mattia non ci si annoia mai. Nei pressi del punto dove ieri abbiamo visto il pagliarolo ci inoltriamo in una stradina letteralmente invasa dai mignattini alibianche. E’ uno spettacolo. Ci svolazzano intorno praticamente incuranti di noi, quasi si fanno toccare. Fotografarli in volo è un’altra cosa, io ci provo. Menomale che hanno inventato la foto digitale! Comunque anche se è difficile fissare in foto la bellezza di queste piccole sterne che oggi hanno deciso di stupirci ci resterà negli occhi e nel cuore lo spettacolo che ci hanno offerto. Ancora una volta il sole si sta abbassando e offre la sua luce migliore, i particolari diventano nitidi, i colori più vivi. I mignattini alibianche ci mostrano le loro zampette color rosso corallo intenso e l’interno del becco di un rosso altrettanto vivo oltre al bellissimo gioco di scacchi di ali e mantello. Il forapaglie canta ostinatamente da un piccolo canneto e si fa fotografare; un piro piro boschereccio dalla sommità di un palo ci guarda diffidente da pochi metri e muove collo e testa con tipici scatti nervosi. Ogni posto che visitiamo meriterebbe una sosta di ore ma gli ambienti da vedere sono tanti e noi siamo di nuovo in movimento. Lungo la strada che porta ai due camminamenti del pagliarolo ritroviamo incredibilmente il gruppo di birdwatchers che ci perseguita da giorni. C’è anche il coglione dal microfono peloso e un birder dall’aspetto ancora più caratteristico, una specie di comparsa da film western con tanto di cappello da cow-boy e baffoni spioventi. Questa volta sgommiamo velocemente, il pagliarolo l’abbiamo già visto il giorno prima. Ci aspetta invece una torretta d’avvistamento che domina il solito mare d’erba immersa in una splendida solitudine. Passiamo dei bellissimi momenti nella scintillante luce della sera a goderci quei silenzi interrotti soltanto dal beccaccino che passa in continuazione a pochi metri da noi ripetendo il suo volo canoro. Il punto di osservazione non potrebbe essere migliore. E’ un privilegio vedere questo limicolo, ben visibile anche da noi, in altre stagioni, in un comportamento così intimo e particolare. Com’è noto il canto emesso durante il volo viene integrato dal sibilo prodotto da due penne della coda nella fase culminante del display. Tutti i birdwatchers lo sanno. Pochi hanno avuto il privilegio di osservarlo così bene. E’ una cosa di un paio di secondi che succede in alto nel cielo ad un uccello piccolo che vola velocissimo. Spesso è già difficile riuscire a scorgere la veloce sagoma del beccaccino e magari ad inquadrarlo nel binocolo ma vedere quelle due piccole penne che spuntano per due secondi è un’altra cosa …..
E invece dalla nostra torretta l’osservazione si svolgeva perfettamente. Intanto avevamo il sole esattamente alle spalle, la luce era quella del sole calante limpida e precisa ma non ancora rossastra. Il nostro beccaccino partiva dai campi alla nostra sinistra, saliva il quota ad un’altezza simile alla nostra (15-20 metri) e dava corso al suo display, un breve canto e poi, proprio davanti ai nostri occhi, smetteva per un attimo di battere le ali e faceva una piccola planata di due-tre secondi perdendo velocemente quota. Proprio allora zacchete! apriva le due timoniere segrete e concludeva lo spettacolo con questo suono antico e profondo che richiamava nella nostra fantasia notti artiche, remote paludi disseminate in mezzo alla taiga o isole nei mari del nord.
Davvero uno spettacolo nel vero senso della parola. Ho tentato qualche foto al volo al nostro beccaccino ma ho rimediato solo amare meditazioni sull’utilità di un obiettivo autofocus che io non ho e che in questo caso sarebbe stato indispensabile.
Ed eccoci ormai sul fare della sera. Sarebbe ora di cena e i nostri stomaci ce lo ricordano continuamente ma c’è ancora una tappa che si rivelerà davvero produttiva.
A questo punto bisogna fare un salto indietro, alla mattina, quando Mattia aveva chiesto informazioni al nostro albergatore. La figlia parlava solo il polacco ma il padre parlava un po’ di tedesco e Mattia ne ha approfittato. A proposito del castoro ci veniva confermato che questo mammifero frequentava tutta la zona ma era difficile da vedere perché di giorno se ne stava nelle solide tane da lui costruite e ne usciva solo di notte. Il nostro albergatore, gentilissimo, ma anche un tipo molto pratico ci aveva caricati tutti sul suo mezzo fuoristrada e ci aveva fatto fare un breve giro orientativo tra stagni e canali dei dintorni e, in particolare, ci aveva mostrato una diga e una tana di castori. Ecco; Biber! Venite qui stasera all’imbrunire e, con un po’ di fortuna potrete vedere il vostroc Castoro!
Diciamo subito che il castoro purtroppo non lo abbiamo visto, già sapevamo che sarebbe stato difficile, ma il tentativo si è rivelato assai utile. La nostra macchina arrancava insicura sull’argine del canale; poche ore prima con il potente mezzo fuoristrada del nostro albergatore la cosa era diversa ma adesso c’era davvero da stare attenti. C’era ancora un po’ di luce ma avevamo già acceso i fari, tuttavia era ancora presto per le creature notturne. Si trattava di fare tutto l’argine, passando una prima volta accanto alla diga dei castori, trovare un punto per girare la macchina, sperando che ci fosse, e tornare indietro posizionandoci accanto alla tana ed aspettare. La debole luce dei fari a un certo punto ha illuminato due starne vicinissime e neanche tanto impaurite. Una coppia, maschio e femmina, che si sono mostrate per una ventina di secondi prima di sparire nell’erba. Un avvistamento fortunato e graditissimo. Da noi questa specie è ormai caratterizzata da uno status incerto con popolazioni locali instabili dovute per lo più a ripopolamenti a scopo venatorio, una specie di fantasma insomma. Qui in Polonia, grazie ad un’agricoltura tradizionale e ad un ambiente ancora integro la starna e altre specie che a questo ambiente sono legate riescono ancora a prosperare.
Ma la serata non è ancora finita, girata faticosamente la macchina proprio nel piccolo slargo dove c’erano le starne, torniamo indietro e dopo pochi metri ci fermiamo al canto vicinissimo di un re di quaglie che poi si mostra allo scoperto, sarà a venti metri da noi nel piccolo fosso vicino alla strada a destra della macchina. Canta con grande impegno e, sembrerebbe, anche con discreta fatica. Tutto il suo corpo è concentrato nell’emissione del canto così particolare da essere diverso da quello di qualsiasi uccello. Il collo si gonfia e si sgonfia e il becco si apre completamente in modo buffo e ritmico mostrando l’interno della gola. Noi, comodamente seduti nell’auto, ammiriamo in silenzio questa specie così rara ed elusiva che oggi sembra volerci deliziare. Naturalmente nessuno di noi aveva mai visto così bene il re di quaglie e sarà abbastanza difficile poterlo fare ancora. Dopo una breve serenata a suon di crex eccoci alfine ad aspettare il buio vicino alla diga del castoro. Siamo circondati da piccoli rumori della natura che incorniciano un magico momento senza tempo. L’acqua del canale scorre pigra aggirando la diga dei castori e la luce del giorno lentamente si spenge. Assaporiamo un raro momento di pace e di appagamento. Presto la fame e il buio hanno la meglio sulle speranze di vedere il castoro e ce ne andiamo a cena.
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Venerdì 15 maggio. Ultimo giorno
Eccoci alla fine della nostra breve vacanza. Domani avremo il volo di ritorno e oggi è l’ultimo giorno dedicato al birdwatching. Abbiamo già visitato i siti più importanti e visto le principali specie che avevamo previsto. Aleggia un senso di appagamento ma anche di malinconia per l’imminente, inevitabile distacco da questo bellissimo e ospitale paese. Questa mattina si dorme fino a tardi tant’è vero che alle otto sono ancora in giro intorno all’albergo a far foto. Qui non c’è bisogno di cercare ambienti naturali integri e selvaggi per vedere uccelli. Molte specie sono comuni intorno alle case e alle strade. cicogne, gru e le onnipresenti e vocianti cesene sono pronte a farsi fotografare un po’ dovunque. Vedremo ancora tanta campagna e tanti uccelli per andare a Kopytkowo ulteriore affaccio attrezzato sul mare d’erba intorno al fiume Biebrza situato all’estremo nord del parco. Questa volta il prezzo è di 3 zloty ma non si vedono molti uccelli. Decidiamo di tornare nella zona di Bialy Grad, la prima visitata già ieri e di fare a piedi la stradina a fondo naturale che porta alla torretta. Certo a farsela così a piedi è un’altra cosa, il mare d’erba inframezzato di boschi e boschetti verdissimi rivela gradualmente il suo fascino e svela i suoi abitanti. Ecco i corsi d’acqua tappezzati di bellissimi fiori e, curiosa presenza lungo la strada, grandi ciuffate di eleganti equiseti pianticelle primitive non troppo diverse da quelle che popolavano le foreste al tempo dei dinosauri. Ma sono ancora gli uccelli a dominare la scena. Le cicogne bianche sono in cova sugli appositi nidi artificiali sui pali che fiancheggiano la strada e ispezionano incessantemente i campi insieme alle meno numerose gru. I cigni reali si fanno fotografare volentieri incastonati tra il verde dei prati e l’azzurro del cielo. Una aquila anatraia minore ci sorvola pigramente, una delle poche viste in questo viaggio. I mignattini alibianche sono molto meno numerosi di ieri. Piccoli uccelli sono un po’ ovunque, zigoli gialli, rigogoli, forapaglie, stiaccini, beccafichi, forapaglie macchiettati. Il ciuffolotto scarlatto lancia il suo canto flautato. E in mezzo a tanta abbondanza avvistiamo inaspettatamente, a pochi metri di distanza l’uno dall’altra, due specie simbolo del nostro viaggio: il pagliarolo e la cutrettola testagialla orientale. Il pagliarolo canta posato sul filo di una recinzione che corre in mezzo all’erba e in queste condizioni è facile da osservare. Ci sono due maschi cantori abbastanza vicino e forse un terzo. La cutrettola testagialla è un bel maschio adulto ed è davvero una lampadina giallo-limone accesa. Ha lo stesso identico colore di certi evidenziatori gialli ad inchiostro liquido. Davvero spettacolare. Speriamo vivamente che abbia una compagna da qualche parte altrimenti vale la pena di consigliargli di ricongiungersi a quella femmina solitaria osservata martedì scorso al lago di Siemianowka. Avremo anche il privilegio di osservare a lungo ed in buone condizioni di luce una salciaiola che emette il suo monotono canto inizialmente dal folto di un cespuglio e poi dalla cima di una canna. Insomma: sembra di essere ad un corso teorico di birdwatching per imparare a riconoscere gli acrocefali!
Si sta facendo sera. Dirigiamo verso Gugny dove c’è una torretta per l’avvistamento delle alci. Non siamo lontano dal sito dove abbiamo visto il primo pagliarolo, solo un po’ più a nord. Ancora molti chilometri nelle campagne della Biebrza per approdare in uno spiazzo sabbioso vicino ad un casolare. Mattia ancora una volta apre la fila. C’è da camminare. Prima una zona aperta e poi un tratto di bosco a conifere. Bruno coglie il canto di un paio di canapini maggiori, i primi del viaggio, che si fanno anche vedere abbastanza bene. Le zanzare sono veramente infestanti e ci cacciano dal bosco. Uscendo all’aperto lo spettacolo è bellissimo. E’ sera e ancora una volta la luce nitida e precisa dell’imminente tramonto incornicia i particolari del paesaggio ed esalta i colori. Il mare d’erba si stende davanti a noi inframezzato da ciuffate di pioppi altissimi ed eleganti. Il tappeto verde è cosparso di ranuncoli gialli e di soffioni piccoli e grandi. Centinaia di rondini cacciano milioni di insetti di ogni tipo. Lontana si staglia la nostra torre. Ancora una volta una struttura notevole; da venti metri di altezza dominiamo questo ambiente che sembra sconfinato. Lontane pascolano pacifiche le alci, immensi animali dall’aspetto primordiale. Una di queste ha con sé un piccolo che si regge a malapena sulle zampe. Evidentemente è nato da poco. Guardo rapito la tenerezza di questa famiglia di alci e mi sento parte della natura che mi sta intorno. E’ come se tutto mi mulinasse intorno, immagini, suoni e profumi di una vacanza indimenticabile. Bruno che è già sceso dalla torre e si avvia verso l’auto diventa piccolo piccolo e poi sparisce nel bosco…..
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